Insetti - Gruppo Natura Bellunese

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Insetti

ZOOLOGIA
 


GLI INSETTI DELLA PROVINCIA DI BELLUNO
di PAOLO DE PASQUAL

Gli insetti rappresentano la classe più numerosa e adattabile dell’intero regno animale. Il nome sta ad indicare che il loro corpo è diviso in segmenti, raggruppati in capo (o testa), torace, addome. Gli insetti non hanno uno scheletro osseo come il nostro, perché una delle loro caratteristiche è quella di avere l’esoscheletro, cioè sono ricoperti da  una specie di corazza che ha la funzione di pelle e scheletro allo stesso tempo.
Gli  insetti  hanno sempre 6 zampe. Se  capita  di osservare “animaletti” che  hanno  molte  zampe
(esempio: i millepiedi), non sono insetti. Nel caso le zampe siano 8, si tratta dei ben noti aracnidi, altrimenti  detti  ragni  (se, per caso, le zampe sono 7 o meno … può darsi che ne abbiano persa qualcuna e, nonostante ciò, possono ancora cavarsela).
Non c’è luogo del pianeta Terra dove non possiamo trovare un insetto, perché si sono adattati a vivere negli ambienti più inospitali che ci siano, quali i deserti più aridi o i ghiacci perenni, hanno colonizzato l’aria, l’acqua, la terra (in superficie e nel sottosuolo). Gli insetti si trovano ovunque. Ci sono quelli  visibili,  di  grandi  dimensioni,  che  ammiriamo  perché  hanno  colori  vivaci  e  forme meravigliose.  Ci  sono  quelli  invisibili,  di  dimensioni  microscopiche,  che  vivono  nei  posti  più impensabili.  Proprio  grazie  alle  loro  piccole  dimensioni,  hanno  straordinarie  capacità  di  forza  e resistenza. Ad esempio:
  • sono campioni di volo: possono rimanere librati in volo, fermi nell’aria, come un elicottero
(invenzione che l’uomo ha copiato dalla natura);
  • sono  campioni  di  sollevamento  pesi e  di  arrampicata:  alcuni  coleotteri  non  mollano  la presa con le zampe, nemmeno se la forza che li vuole staccare è 100 volte il loro peso (per l’uomo vorrebbe  dire rimanere attaccato con le mani a un cornicione,  con  un  peso  di  7 tonnellate appese ai piedi);
   • sono campioni di salto: una cavalletta riesce a coprire, con un balzo, una lunghezza da 20 a
50 volte quella del suo corpo (un atleta di salto in lungo dovrebbe saltare pi ù di 50 metri con un solo salto).

La classificazione (inventata dall’uomo) segue uno schema abbastanza semplice:
Regno:  ANIMALE
Tipo:     ARTROPODI
Classe:  INSETTI
Ordini: Lepidotteri Coleotteri Ditteri Imenotteri Odonati ecc.
Ciascun ordine è suddiviso in Sottordini.
Ad esempio, l’ordine  dei lepidotteri  comprende due  sottordini,  Omoneuri  ed  Eteroneuri,  i  quali sono  a  loro  volta  suddivisi  in Superfamiglie.  Queste  ultime  raggruppano  tutte  le  Famiglie  di lepidotteri.

Esempio di classificazione di un lepidottero (cioè una farfalla).
Papilio machaon
Ordine: Lepidotteri
   Sottordine: Eteroneuri
       Superfamiglia: Papilionoidei
           Famiglia: Papilionidi
               Genere: Papilio
                    Specie: machaon

Il ciclo vitale degli insetti è molto più complesso di quello umano. Infatti, nell’arco della sua vita, un insetto passa attraverso le seguenti fasi:
o UOVO
o LARVA (o NEANIDE)
o NINFA (o PUPA o CRISALIDE)
o ADULTO
Data l’enorme varietà, non tutte le specie seguono esattamente questo ciclo di sviluppo, anzi a
volte il ciclo è talmente complicato che non è ancora ben conosciuto.

Alcuni termini specialistici:

Larva (detta anche bruco): forma giovanile degli insetti.
Muta: intervallo della crescita, durante il quale un insetto cambia il proprio involucro esterno.
Crisalide  o  pupa:  il  bruco,  al  termine  della  crescita,  smette  di  nutrirsi  e  diventa  immobile  per trasformarsi in farfalla adulta.
Impupamento: trasformazione del bruco in crisalide.
Bozzolo:  non  va  confuso  con  la  crisalide;  è  un  involucro  protettivo  che  il  bruco  costruisce  per proteggere la crisalide che si trova al suo interno; non tutte le specie costruiscono il bozzolo. Sfarfallamento: nascita dell’insetto adulto.
Dimorfismo sessuale: indica che vi è una differenza di colore, forma e aspetto tra il maschio e la femmina di un insetto.
Mimetismo: è la caratteristica di alcuni insetti che, per la loro colorazione, riescono a confondersi
con l’ambiente circostante e a sfuggire così ai predatori.

  • SATURNIA PAVONIA

Si illustra il ciclo di sviluppo di un lepidottero molto comune nelle nostre zone, la Saturnia pavonia.
Si  tratta  di  una  farfalla  appartenente  alla  famiglia  dei  Saturnidi,  che  annovera  alcune  tra  le più grandi  farfalle  esistenti  al  mondo e  diffuse  su  tutte  le  regioni  della  terra.  La  Saturnia pavonia  è diffusa in tutta Europa e Asia, fino all’Estremo Oriente. La si può trovare nei boschi e nelle praterie alberate dalla pianura alla montagna, dove può vivere fino a 1500-2000 metri di quota. Il bruco si nutre  delle  foglie  di  svariate  piante,  come  il  rovo,  il  lampone,  il  salice.  È  una  specie molto adattabile, poiché non dipende da una sola pianta come fonte di cibo.
La Saturnia pyri, ad esempio, che si ciba quasi esclusivamente delle foglie del pero, si è fatta molto rara a causa dell’uso massiccio e spesso sconsiderato dei pesticidi in agricoltura. L’allevamento è molto facile (basta che non manchino mai foglie fresche da mangiare) e permette di osservare e capire il ciclo vitale, che dura un anno intero. A primavera, dopo la metà di aprile, compaiono gli adulti della Saturnia pavonia. La femmina depone con cura circa 150 uova, sulla pianta che servirà da nutrimento al bruco. Infatti, il bruco neonato deve trovare immediatamente del cibo, altrimenti non  può sopravvivere  per  molto  tempo.  L’uovo  è  molto  piccolo,  a  volte  occorre  una  lente  di ingrandimento o un microscopio per poterlo osservare. Dall’uovo, dopo circa due settimane, nasce il bruco, che inizia subito a nutrirsi della pianta che lo ospita. Mangia senza interruzione, giorno e notte, si  ferma  solo  per  brevi  periodi.  Il  bruco  nasce  di  colore  nero,  è  peloso,  lungo  pochi millimetri, ma già dopo pochi giorni “non sta più nella pelle” ed è costretto a compiere la muta: poiché la pelle non può ingrandirsi, ne genera una nuova al di sotto di quella che possiede e quella vecchia la elimina. Così, di giorno in giorno, cresce sempre più e cambia aspetto: dopo la seconda muta  il  bruco è  nero  con  dei  tubercoli  arancioni,  poi  diventa  nero,  con  delle  macchie  verdi  e  i tubercoli arancioni, infine diviene verde, con qualche macchia nera e i tubercoli arancioni o gialli. Alla fine, il minuscolo bruco nero è diventato enorme, è cresciuto di circa 7000 volte (no, non è un errore)  in poco  più  di  due  mesi  e,  entro  la  fine  di  luglio,  è  pronto  per  impuparsi.  Poiché  deve prepararsi  alla  metamorfosi,  che  si  completerà  solo  alla  successiva  primavera,  il  bruco  della Saturnia pavonia si costruisce un robusto bozzolo in seta, che egli stesso tesse, fissato tra i rami della pianta che gli ha fornito il cibo e ben nascosto tra alcune foglie unite con la seta. All’interno del  bozzolo si  trasforma  in  crisalide,  ove  avverrà  lo  straordinario  fenomeno  della  metamorfosi. Infatti, a primavera dell’anno successivo,  quello che  era  un bruco  si  trasforma  in  una  bellissima farfalla dai meravigliosi  e  coloratissimi  disegni.  Completata  la  trasformazione,  la  farfalla  rompe l’involucro della crisalide ed esce all’aperto; distende le ali, che in breve tempo diventano rigide, ed è pronta per spiccare il volo e continuare il ciclo vitale. La vita della farfalla è molto breve: non più di una settimana. La Saturnia pavonia presenta un vistoso dimorfismo sessuale: il maschio, dal colore di fondo marrone-arancio, è più piccolo della femmina, che ha un colore di base tra il grigio e il bianco. Inoltre il maschio presenta le caratteristiche antenne a pettine, che sono il suo organo principale  di  senso.  L’olfatto è di gran lunga il  senso più sviluppato in queste farfalle.  Dato  che nella  sua  breve  vita  l’unico  scopo è  quello  di  riprodursi,  per  non  perdere  tempo  la  Natura  ha dotato  la  femmina  di  un particolare  “odore”  generato  da  sostanze  chiamate  “feromoni”,  e  il maschio  di  un  olfatto talmente  sensibile  da  poter  sentire  la  presenza  di  una  femmina,  grazie  a queste sostanze, a chilometri di distanza e permettergli di localizzarla con precisione assoluta.  E’ stato osservato che dei maschi sono entrati in casa dalla finestra aperta da un lato e hanno cercato di uscire da quella del lato opposto (però chiusa …), perché la casa era nella traiettoria di volo per raggiungere la femmina! Dopo l’accoppiamento la femmina depone con grande cura le uova su un rametto della pianta che sarà il cibo per i bruchi e, esaurito il suo compito, muore.  Dalle 150 uova che vengono deposte dalla femmina, solo pochissimi adulti vedranno la luce.  Infatti, non tutte le uova si schiuderanno, perché alcune verranno mangiate prima che i bruchi possano vedere la luce. I  bruchi  sono in costante pericolo:  nei  due  mesi  che  impiegano  per  crescere  sono  praticamente indifesi  contro i predatori,  quali  gli  uccelli  e  gli  stessi  insetti.  Delle  150  uova  iniziali,  meno di  15 bruchi riescono a completare lo sviluppo e a trasformarsi in crisalide. E da queste 15 crisalidi, alla successiva primavera,  non  più  di  5  o  6  si  trasformeranno  in  farfalla.  Gli  stessi  adulti  sono  in pericolo, perché i ragni stanno sempre in agguato.

  • PARASSITISMO

Con questo interessante fenomeno si indica il comportamento di  quegli individui che, in genere, vivono a spese di altri. Il mondo degli insetti è ricco di esempi in tal senso, con dei casi veramente esemplari. Un esempio è offerto proprio dal bruco della Saturnia pavonia. Spesso, a primavera, si attende  con trepidazione   che   le   farfalle   escano   dalla   crisalide,   perché   lo   spettacolo   del dispiegamento delle ali è veramente unico. Spesso si rimane delusi, perché si attende invano e, a volte, ci si ritrova con … un pugno di mosche in mano, anzi, che volano via non appena si apre il coperchio  dell’allevamento.  Da  dove  vengono?  Dalle  crisalidi  delle  farfalle!  Può  succedere  che, quando il bruco è ancora in fase di crescita, una mosca depone le sue uova sul bruco. Dall’uovo, a sua  volta,  nasce  la  piccola  larva  della  mosca,  che  inizia   a  mangiarsi  il  bruco  della  farfalla dall’interno.  Il  bruco  della  farfalla  non  avverte  la  presenza  del  parassita,  perché  costui  si nutre delle   riserve   di   grasso   che   il   bruco   sta   accumulando   in   vista   della metamorfosi. Dopo   la trasformazione  in crisalide,  il  parassita  continua  a  nutrirsi  a  spese della  crisalide, che viene completamente  divorata  e  uccisa.  Completato  lo  sviluppo,  la  larva della  mosca  si impupa a sua volta e a primavera, invece della farfalla, nasce una mosca. Per quanto crudele possa sembrare, il parassitismo è uno degli strumenti che la Natura “utilizza” per mantenere l’equilibrio.

  • MANTIDE RELIGIOSA  (Mantis religiosa)

I predatori sono il secondo anello della catena alimentare e gli insetti possono annoverare uno tra i più temibili cacciatori che esistano: la mantide religiosa, che appartiene all’ordine dei Mantodei
(insetti  carnivori  predatori,  che  si  cibano  di  altri  insetti).  L’evoluzione  ha  trasformato  le  zampe anteriori della mantide in un perfetto strumento per agguantare e trattenere la preda, capaci di scattare  in  modo  fulmineo  e  dotate  di  spine  e  artigli  dalla  cui  presa  non  è  possibile sfuggire. Inoltre, questi insetti sono dotati di  una vista  molto sviluppata e di una  testa mobile in grado di osservare qualsiasi cosa si muova nei paraggi. È impressionante notare che la mantide, mentre la siamo osservando, ci sta squadrando per capire le nostre intenzioni, e a volte sembra proprio che ci stia guardando negli occhi. La mantide, da perfetto predatore, non ha bisogno di inseguire la sua preda, dato che “semplicemente” la aspetta al varco. Infatti, le sue zampe non le permettono di correre velocemente, né le sue ali le consentono di volare per catturare la preda (anzi, la mantide vola piuttosto malamente). La mantide è prevalentemente verde, la sua forma allungata la rende simile ai fili d’erba, ed è in grado di rimanere immobile per lunghissimo tempo, invisibile agli altri insetti.  Per  la preda  non  c’è  scampo,  come  talvolta  nei  film  di  fantascienza,  che  hanno  come protagonisti dei mostri ancestrali che sbucano dal terreno e divorano tutto quello che si muove.

  • FORMICALEONE (Myrmeleon formicarius)

E’  un  raffinatissimo  esempio  di  predatore  che  attende  la  sua  vittima  nascosto  nel  terreno. Appartiene  all’ordine  dei  Neurotteri,  insetti  predatori  e  molto  utili  perché  sono  dei  grandi divoratori di afidi e di altri insetti in generale. L’insetto adulto assomiglia ad una libellula, mentre la larva è  del  tutto  particolare.  La  larva  trascorre  tutta  la  fase  di  sviluppo  nel  terreno.  La  si  può trovare   nei   luoghi   riparati   dove   la   vegetazione   è   più   rada,   il   terreno   soffice  e asciutto, specialmente  in  prossimità  dei  formicai.  Il  formicaleone  scava  nel  terreno un piccolo buco  dalla caratteristica forma conica, grande pochi centimetri, dai fianchi ripidi e ricoperti da fini granelli di sabbia, che costituisce la trappola per catturare la preda; in fondo al cono, nascosta nella sabbia, c’è la larva del formicaleone. La formica che dovesse finire nella  buca non riesce più ad uscirne, perché i granelli di sabbia rotolano e la fanno scivolare verso il fondo. La larva esce dal terreno e ghermisce con le mandibole la malcapitata formica.  Le mandibole del formicaleone non servono per masticare  la  preda:  sono  come  delle  siringhe,  con  le  quali  perfora  la  preda,  inietta  i  succhi gastrici  (che  la  uccidono  e  ne  disciolgono  gli  organi  interni)  e  infine  succhia  il  suo  pasto. Della malcapitata preda alla fine rimane l’involucro rinsecchito. Anche l’adulto è un abile predatore di altri insetti. La predazione serve ad alcune specie di insetti per fornire il cibo alla prole.

  • IMENOTTERI

Gli Imenotteri sono i più evoluti tra gli insetti. Appartengono a questo ordine: le ben note api, le vespe e le formiche. Alcune specie si sono evolute al punto da organizzarsi in società rigidamente organizzate, come le api e le formiche, con una struttura che prevede la divisione dei compiti: la regina è il sovrano assoluto, al di sotto di lei vi sono soldati per difendere la colonia, operaie che procurano il cibo, costruiscono il nido, allevano e nutrono le larve, assicurano la pulizia dai rifiuti. Altre invece sono solitarie cacciatrici. Alcune di queste sono le  note vespe vasaie, così chiamate perché costruiscono delle cellette a forma di vaso entro le  quali ripongono il cibo per la  propria prole. La celletta viene costruita con del fango impastato con la saliva, accuratamente disposto in modo da ottenere una robusta parete e rifinito con un’imboccatura simile a quella di un’anfora. All’interno la vespa  depone  un  uovo  (uno per  ogni  celletta)  e  vi  introduce  due  o  tre  bruchi  di farfalla. Altre  specie  sono  attive  predatrici  di  ragni.  I  bruchi  non  sono  morti,  quando  vengono messi nella celletta,  perché  si  decomporrebbero rapidamente.  Il  veleno  di  cui  è  dotata  la  vespa viene  dosato  in  modo  da  paralizzarli,  pertanto  i  bruchi  sono  come  in  uno  stato  di  anestesia prolungata.  Alla  fine  la  celletta  viene  chiusa  accuratamente  e  la  vespa  si  prepara  per costruirne un’altra. Quando l’uovo si schiude, la larva della vespa ha a disposizione del cibo sempre fresco. È facile comprendere l’utilità di questi insetti, dal momento che distruggono un’enorme quantità di bruchi e aiutando a mantenere l’equilibrio naturale.


  • MIMETISMO

Con  questo  termine,  gli  studiosi  hanno  definito  la  capacità  di  riuscire  a  passare  inosservati, per aver salva la vita o cacciare meglio. Ma mimetizzarsi non significa solo nascondersi. Gli insetti sono maestri nell’arte del travestimento. La natura ha dotato alcuni di essi di pungiglioni molto velenosi, come nel caso delle api e delle vespe: nessun uccello insettivoro mangerà mai un’ape o una vespa, perché teme il loro pungiglione velenoso. Ci sono in circolazione però delle mosche, appartenenti alle famiglie  dei  Bombilidi  e  dei  Sirfidi,  che  assomigliano  in  modo  quasi  perfetto  alle  api  e  alle vespe: così hanno modo di aver salva la vita, perché molto difficilmente un uccello insettivoro si azzarderà a mangiarli. Il colore rosso è universalmente segno di pericolo: quasi tutti gli insetti più velenosi  sono  colorati  di  rosso.  Le  farfalle  della  famiglia  degli  Zigenidi  sono  in  genere  di  un bel colore rosso con macchie nere: sono tutte estremamente velenose, perché il loro bruco si ciba di piante  velenose  e  ne  accumula  il  veleno.  Così  anche  alcune  specie  di  cimici,  le  ben  note cimici puzzolenti, sono di un bel colore rosso e nero, quasi a voler dire: “stai alla larga, è meglio per te”. Perciò  questi  insetti  non  si  preoccupano  di  nascondersi,  anzi  si  rendono  ben  visibili  per meglio proteggersi.  Altri  ancora  cercano  di  sembrare  terrificanti  per  spaventare  i  predatori.  Le farfalle, meglio di tutti, attuano questa tecnica. La Vanessa io (Inachis io) ha le ali di un vivace colore rosso bruno,  con  4  grandi  macchie  a  forma  di  occhio,  colorate  come  dei  veri  occhi.  Ciò  ha un  effetto terrorizzante  molto  efficace  contro  gli  uccelli  insettivori,  che  la  evitano.  È  stato compiuto  un esperimento per verificare questo comportamento. In una voliera con uccelli insettivori sono state introdotte delle farfalle con i disegni delle ali integri, assieme  a delle altre cui gli occhi erano stati cancellati: gli uccelli hanno mangiato immediatamente le farfalle senza il disegno degli occhi sulle ali,  lasciando  in  pace  le  altre.  Un  bell’esempio  di  mimetismo  lo  si  ritrova  in  una farfalla  della famiglia  dei  Saturnidi,  la  Attacus  atlas,  detta  anche  farfalla  cobra,  probabilmente la  più grande farfalla  esistente  al  mondo  (raggiunge  un’apertura  alare  di  30  centimetri). Questa farfalla  vive nelle regioni ai piedi della catena dell’Himalaya e deve il suo nome al disegno delle ali anteriori. La somiglianza con il profilo della testa di  un serpente è decisamente impressionante. Logicamente nessuno si sognerebbe di avvicinarsi a qualcosa che sembra un serpente, visto che da quelle parti abbondano i serpenti velenosi. Ma c’è un’altra cosa che rende particolare questo disegno, perché anche nella Saturnia pavonia ritroviamo lo stesso motivo sulle ali anteriori. Solo che nella Saturnia pavonia il ruolo di deterrente contro i predatori è affidato ai falsi occhi, più che al finto serpente. Ma c’è una spiegazione: nelle foreste dove vive l’Attacus atlas i serpenti sono temibili predatori, mentre nelle nostre regioni non lo sono. Nelle nostre zone, almeno fino a che gli equilibri ambientali non sono stati alterati dalla presenza dell’uomo, gli occhi rappresentavano lo sguardo del gatto, del lupo, della lince, della volpe, tutti buoni motivi per mettersi in salvo al più presto, per non passare da predatori (di insetti) a  prede (un uccello insettivoro è un sostanzioso pranzo agli occhi  di un gatto).  Da attente osservazioni e ragionamenti  approfonditi  su  coincidenze  e  similitudini  il grande  naturalista  Charles  Darwin formulò, nella seconda metà del 1800, la teoria dell’evoluzione della specie.


Presentazione a cura di Fausto Tormen
Testi di Paolo De Pasqual
Immagini di Paolo De Pasqual, Fausto Tormen e Gianni alberti
 
 

Estratto dal DVD “LA MONTAGNA BELLUNESE” – 2011  
repertorio didattico sostenuto dalla Fondazione Cariverona ed edito congiuntamente da
Club Alpino Italiano – Sezione di Belluno,
Gruppo Natura Bellunese – Belluno  
Centro Turistico Giovanile – Belluno

con la collaborazione di
ARPAV – Dipartimento di Belluno
Associazione Micologica Bresadola – Belluno

 
 
 
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